Categorie: Cronaca
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13 Settembre 2024 15:39

L’ex capo della Comasina, Renato Vallanzasca, malato, è stato trasferito da prigione a una clinica medica, a seguito dell’approvazione della sua richiesta

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Il 13 settembre 2024, la corte di Milano ha preso una decisione importante: Renato Vallanzasca, ex capo della banda della Comasina e condannato a diverse pene di ergastolo, ha lasciato la prigione di Bollate (Milano) dopo un’imprigionamento di oltre 50 anni.

È stato spostato in un centro assistenziale e il suo pena è stata differita a una detenzione domiciliare. Questa decisione è stata presa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha accettato la richiesta di differimento di pena a causa di un grave deterioramento cognitivo. Questa richiesta è stata presentata dagli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, e ha ottenuto il sostegno della Procura generale.

Giuseppe De Benedetto, sostituto procuratore di Milano, ha dichiarato durante l’udienza del 10 settembre che era stata confermata la diagnosi di demenza e che c’era una chiara incompatibilità con la detenzione in prigione.

Ha affermato, era giunto il momento di cambiare le condizioni detentive.

Vallanzasca, l’ex figura di rilievo del crimine milanese negli anni ’70 e ’80, ora di 74 anni, era presente all’udienza. Era stato condannato a quattro termini di ergastolo, tra le altre cose, per omicidio.

La giudice Carmen D’Elia (l’altra giudice era Benedetta Rossi) aveva esaminato tutte le relazioni, tra cui quelle del servizio di medicina penitenziaria, riguardanti le condizioni di Vallanzasca, che ora è non autosufficiente.

Le sue condizioni includevano paranoia, deliri notturni e afasia, che l’hanno portato a cadere dal letto e ad essere ricoverato varie volte. I suoi avvocati hanno affermato che i suoi problemi di salute mentale erano tali che non riusciva nemmeno a capire il significato della sua pena.

Un medico specializzato in neurologia dal dipartimento di medicina carceraria, all’epoca di fine luglio, aveva espresso la sua preoccupazione dichiarando che le “situazioni non sono facilmente coerenti con la vita carceraria”.

Egli ha affermato che l’individuo di 74 anni “ha totalmente perso la sua autogestione” e dovrebbe essere ricoverato in un centro “specifico per pazienti affetti da Alzheimer”. I sanitari di Bollate, in una recente valutazione, hanno sottolineato la sua “perdita di orientamento temporale e parziale spaziale”, insieme a “atteggiamenti inappropriati” e una “collaborazione limitata”. I suoi avvocati, Muzzi e Limentani, hanno riferito di una malattia che ha iniziato a mostrare i suoi sintomi “nel gennaio 2023” e si è deteriorata “rapidamente e progressivamente”, con lo “scenario carcerario che peggiora la sua condizione”.

La difesa è riuscita a ottenere l’approvazione da parte della “maggior struttura veneta dedicata ai pazienti con Alzheimer e demenza, collegata alla Chiesa”, situata nella provincia di Padova. Prima dell’estate, per Vallanzasca il Tribunale aveva rinnovato i permessi premio in una comunità terapeutica, mentre a maggio 2023 il Tribunale di Sorveglianza aveva negato una richiesta simile di sospensione della pena, non essendo stato individuato un luogo di cura all’epoca.