Milano – “Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessero avuto delle armi? Sono stato a rischio di perdere la vita.
Desidero che la mia brutta esperienza possa servire ad aumentare la sicurezza in quel tunnel e, in generale, nella stazione Centrale.” Questo è il racconto di Simone L., il ragazzo di 19 anni che è stato attaccato e derubato da un gruppo di individui del Nord Africa la scorsa settimana mentre si dirigeva verso la metropolitana per recarsi al Politecnico a Città Studi, dove avrebbe dovuto sostenere il test per le Professioni Sanitarie (che è riuscito a superare).
Erano circa le 7.45 e aveva appena raggiunto Milano dalla Puglia, dopo un viaggio notturno su un treno Intercity partito da Bari. Era appena tornato dalle vacanze trascorse nel luogo di origine della sua famiglia, nonostante Simone sia nato in Lombardia e risieda in provincia di Bergamo. Dopo un caffè in un bar di Via Vitruvio, è entrato nel passaggio sotterraneo della M2 all’incrocio con Piazza Duca D’Aosta, fermata Stazione Centrale, quando improvvisamente è stato circondato ed aggredito.
Al momento dell’attacco, stava parlando al telefono con suo padre, che ha immediatamente chiamato il 112 dalla Puglia. Gli attaccanti si sono allontanati, ma nel pomeriggio, la polizia del commissariato Garibaldi-Venezia, guidata da Angelo De Simone, ha identificato ed arrestato tre uomini di 49, 33 e 19 anni, sospettati di essere i responsabili dell’assalto. Tutti di origine marocchina, con precedenti penali, senza un indirizzo fisso e disoccupati.
Quando gli è stato chiesto se fosse rimasto ferito, Simone ha risposto: “Ho diverse contusioni, abrasioni al gomito destro, graffi sulla mano sinistra e un segno di morso sul pollice della mano sinistra”.
La mia pelle è stata violentemente lacerata, un’immagine che descrive l’aggressione feroce che ho subito. Nonostante tutto, sono riuscito a recuperare il mio telefono, caduto e danneggiato in seguito all’incidente. Solo dopo l’esame di ammissione mi sono recato in ospedale.
Gli assalitori erano sei persone, e nel pomeriggio la polizia è riuscita a individuarne tre che ho immediatamente identificato. Mi sono stati sottratti diversi oggetti, inclusi un orologio molto prezioso per me, dato che era un dono di mio padre, che lo aveva ricevuto da mio nonno il giorno del suo matrimonio. Quest’oggetto aveva un’enorme valore affettivo per me, rappresentando un caro ricordo del mio defunto nonno. Oltre all’orologio, mi sono state sottratte un orecchino, una collana, delle sigarette, del profumo, un caricabatterie e i vestiti dallo zaino.
Ma adesso, mi considero bene. Non lascerò che la paura vinca, perché se avessi paura di attraversare sottopassi o altri luoghi della città, sarei di nuovo una vittima. Tuttavia, chiedo maggiore sicurezza per i cittadini: se non possiamo muoverci liberamente alle 7.45 del mattino, un orario in cui anche i bambini vanno a scuola da soli, significa che lo Stato ha fallito. Faccio un appello: monitorare quel sottopasso e in generale tutte le aree della stazione Centrale.
Quello che mi è accaduto avrebbe potuto succedere a un bambino più piccolo, a una donna, a un anziano, che hanno meno capacità di difesa rispetto a me. E anch’io ho corso un rischio, dato che quegli uomini avrebbero potuto essere armati. Negli ultimi mesi, c’è stato un aumento della presenza delle forze dell’ordine nelle stazioni… Ma, evidentemente, ciò non è stato sufficiente, dato ciò che mi è successo.
“E non fui il primo a subire un agguato in quel luogo”.
La sua famiglia è in ansia? “Sono sollevati dal fatto che sto bene. Mio padre ha capito cosa stava succedendo anche se lontano e ha chiamato il 112, è pieno di indignazione”. Hai già trovato un posto dove vivere a Milano? “Ancora no, la ricerca di un alloggio continua”.