Intanto che a Torino si apre il processo contro Eternit come racconta Torino 2.0, a guardare la mappa del Corriere vengono i brividi: sono ancora tanti i siti in città non bonificati dal maledetto amianto.
E si tratta di ospedali, scuole, chiese, impianti sportivi e ancora le case popolari di cui vi abbiamo parlato molte volte.
Oltre allo stabile di via Feltrinelli 16 (avevamo intervistato Oscar, il portavoce delle "White" di Rogoredo) vi avevamo parlato anche di via Russoli. Alchè Comune e Aler avevano deciso di attivare una serie di interventi da 13milioni di euro in 4mila alloggi sparsi tra le vie Palmanova, San Dionigi, Olivelli, Porro Lambertenghi, Paravia, Rizzoli, Sestini, Santi, Monterotondo, Larici, Mazzolari, De Pretis e Appennini.
Ma ci sono altre 212 strutture pubbliche che contengono amianto e che per la maggior parte devono ancora essere ripulite o messe in sicurezza.
Non parliamo poi dellla Provincia dove sono 1.474 le strutture pubbliche e private non bonificate.
Alcuni lavori sono stati già avviati (o conclusi), ma come spiega il Corriere il rischio amianto va valutato caso per caso perchè dipende
– dallo stato di conservazione del materiale
– dall'esposizione
A ottobre 2008 si parlava di 481 mila metri cubi di fibre velenose.
Sono molte meno rispetto alla stima di 2 milioni e 800 mila metri cubi, ma non si può certo tirare un sospiro di sollievo.
Per cui il 2015 non è solo il termine per Expo, ma anche per l'operazione "amanto zero". Per adesso si continua con il censimento (22 mila notifiche nel 2008) e con l'attività di controllo sui cantieri (1.451 ispezioni e quasi 11 mila piani di bonifica notificati -dati del 2007-).
Una volta tolto però c'è un altro problema: lo smaltimento. Sperando che non lo seppelliscano in giardino come per le case popolari di via Tommei c'è da tenere presente la questione costo (dai 10-15 euro a metro quadrato a 40-50 mila euro) e la questione del posto dove metterlo una volta bonificato (l'unica discarica che c'è, in Provincia di Mantova, è ormai satura).
Spesso una parte del materiale viene portato in altre discariche d'Italia o in Germania, e quindi i costi di smaltimento lievitano.
Ma le vite umane non hanno prezzo, e di amianto si continua a morire.